“Non mi sono mai sentito a casa. È una sensazione che non posso nemmeno definire spiacevole visto che mi ci sono abituato. Ci convivo da sempre, da che ho ricordi e, per me, questa, è la sensazione più naturale del mondo.

Mi sento come se fossi perennemente all’estero per lavoro. Un posto gradevole in mezzo a tante persone. C’è chi è simpatico, chi più vicino, chi più lontano e chi un vero straniero, incomprensibile per me.

Ogni mia scelta è provvisoria: una casa, una macchina, una relazione, non sento il bisogno di legarmi a nulla che non mi faccia sentire a casa.

Quando il mio sguardo incontra il mare, so che prima o poi lo attraverserò nella ricerca di casa.

Mi piacciono i porti, qui si incontra sempre gente che come me è uno straniero che guarda il mare pensando a casa.

Tra la gente, osservo tante persone che soffrono senza sapere il perché, inconsapevoli che il loro malessere è dato dalla mancanza di casa. Me ne accorgo perché riconosco in loro quel sentirsi persi e quella capacità di accontentarsi di una falsa felicità.

Non riesco più a fingere e a compatire queste persone da quando ho incontrato gli “abitanti locali”, provo per loro sensazioni autentiche e nuove. Sono rari, non sono mai andati via o sono tornati.

La loro energia mi scalda il cuore, mi fa desiderare casa, quella vera. Mi invoglia a muovermi, ma non è sempre facile partire nonostante la buona volontà.

Vorrei essere come un “abitante locale” ma mi accorgo di essere diverso, di non riuscire nemmeno a legarmi a loro. Quindi resto solo, straniero tra gli stranieri. Me lo sono detto e promesso mille e mille volte che sarei partito, ma sono sempre qui. Vado al porto e vedo chi come me non parte mai, vedo i malati di “immobilità”. Siamo sempre in attesa che la nave arrivi, che qualcuno venga a salvarci. E mi ripeto che un giorno partirò, quando sarò pronto, partirò.

“Mi sento come un banano a Oslo”. In effetti un banano a Oslo non può dare grandi frutti, qualche bananina tuttalpiù, non certo un casco da quaranta chili.

Allora mi chiedo, se ho la potenzialità di fare un casco di banane perché mi limito a poche bananine? Perché non riesco a mettere a frutto le mie capacità?

Solo ora comprendo cosa significhi davvero sentirsi a casa.

Casa non è uno spazio fisico, casa è la condizione in cui posso liberare le mie potenzialità, esprimere davvero me stesso e sentirmi ovunque un “abitante locale”.

Oggi quando sento di non riuscire ad essere profondamente me stesso, penso: “sto continuando a coltivare il mio banano ad Oslo?”.

E tu te lo sei mai chiesto?