Nelle facoltà di Medicina l’educazione fisica è virtualmente assente. Eppure è uno dei “farmaci” più potenti disponibili per la prevenzione cardiovascolare (600 decessi al giorno in Italia). Non sarebbe ora di mettere in mano a qualcun altro, meno dipendente da big pharma, la formazione dei nostri medici?

Un farmaco insostituibile

Il movimento fisico è imprescindibile in un sano stile di vita che miri alla salute e al dimagrimento. Non esiste regime alimentare che possa far dimagrire, cioè perdere massa grassa e non peso, rimanendo sedentari. 

Un’attività fisica regolare e costante è indispensabile non per il numero di calorie bruciate, ma perchè procura un'attivazione metabolica che dura nel tempo e non diminuisce nello stato di riposo.

Il movimento produce effetti molto intensi sul nostro benessere psicofisico:

-migliora la funzionalità insulinica

-elimina scorie metaboliche

-produce endorfine (rilassanti antidolorifici)

-aumenta la massa muscolare

-diminuisce o regola la pressione arteriosa

-regola i valori di colesterolo e trigliceridi

-aumenta la gittata cardiaca

-aumenta la ventilazione polmonare

-modula le risposte del sistema immunitario

-previene e cura stati d'animo depressivi

-riduce il rischio cardiovascolare

-rende più elastiche le arterie…

Gli effetti del movimento si esplicano poi anche sull’efficienza cardiocircolatoria, sul profilo lipidico, sulla prevenzione del diabete, sull’ipertensione, sullo stress, sul rischio di infarto, sull’osteoporosi, sul sonno e sugli stati dell’umore, sulla stitichezza (e sul cancro al colon), sull’eliminazione delle scorie. E il motivo è semplice. Muoversi è per noi un gesto talmente naturale che farne a meno sarebbe come non respirare, non vedere mai la luce del sole, non nutrirsi. Incompatibile con la nostra stessa vita. 

Qualunque ricetta si voglia costruire per vivere a lungo in salute non può prescindere dall’indicazione di un sana, costante, serena pratica del movimento fisico. Non siamo noi a dirlo, ma decine di lavori scientifici che lo documentano fuori da ogni ragionevole dubbio.

La bellezza profonda che ci può regalare il recupero della nostra attitudine ancestrale non è sostituibile da nessuna pratica estetica o nutrizionale.

Non solo consumo calorico

Muoversi con regolarità aiuta le persone a stare in maggior salute e a sviluppare rapporti sociali più intensi rispetto ai sedentari. Il tutto senza alcun effetto indesiderato. Non esiste un solo farmaco che agisca contemporaneamente su tutti questi organi in assenza di effetti collaterali.

Un comune malinteso è infatti quello che ci fa pensare che il vantaggio di fare sport sia semplicemente nel consumo calorico che esso comporta. Non vi è nulla di più riduttivo. 

Il movimento fisico è in grado di innalzare con forza il nostro metabolismo, e lo innalza tanto più intensamente quanto più alto è il carico a cui siamo sottoposti. Chi ancora si limitasse a fare l’ingenuo calcolo che parifica le kcal consumate in 20’ di cyclette alle kcal assunte con mezzo piatto di pasta aggiuntivo, mostrerebbe di non tenere conto in alcun modo degli effetti di induzione metabolica dovuti all'attività. Il vero vantaggio metabolico non nasce infatti dalle calorie consumate nell’allenamento, ma dalla frazione di consumo aggiuntivo (peraltro costituita prevalentemente da grassi) indotta sull’intera giornata. Cioè non conta tanto l'ora di allenamento, quanto la sua capacità di indurre innalzamento metabolico nelle ore successive. 

Un lavoro di Befroy et al. (Proc Natl Acad Sci USA. 2008; 105 - Increased substrate oxidation and mitochondrial uncoupling in skeletal muscle of endurance-trained individuals) ha infatti documentato elegantemente come il muscolo dell’atleta, anche a riposo, consumi mediamente il 54% di più in calore rispetto al muscolo del sedentario. Non il 5 o il 10% ma il 54% in più, a parità di massa muscolare.

Un dato incredibile, che deve farci completamente rivedere l'errata convinzione relativa al fatto che l'effetto del movimento sia corrispondente al solo computo delle calorie consumate.

Nasciamo tutti corridori

Un punto fermo della medicina di segnale nel considerare l'attività fisica una componente integrante della nostra biologia, prende ispirazione da un'attenta analisi delle abitudini al movimento dell'uomo ancestrale, che è diventato Homo sapiens negli ultimi due milioni di anni proprio attraverso un graduale adattamento alla corsa di lunga durata come risposta evolutiva agli spazi aperti della savana africana, non più adatti alle abitudini fruttivore e prevalentemente vegetariane delle scimmie arboricole.

Se pensiamo agli ultimi due milioni di anni da Homo erectus in poi (il "ragazzo del lago Turkana", un giovane ominide già alto, glabro e cacciatore) come se fossero le 24 ore di un orologio, possiamo dire che dominio del fuoco e cottura sono incominciati alle 12.00, Homo sapiens è comparso alle 21.30, l'agricoltura è comparsa alle 23,45 e lo zucchero alle 23.59. Una visione del tempo molto diversa da quella che ci raccontano i libri di storia, che riassumono i due milioni di anni in poche paginette, per dilungarsi poi, dal "Codice di Hammurabi" in avanti, nella sola storia agricola dell'uomo. Una storia fatta di invasioni e sopraffazioni di popoli nomadi, che sono stati via via sottomessi da uomini a loro geneticamente identici, ma che rappresentavano un sovrappiù di popolazione di aree agricole di recente sviluppo. 

Se vogliamo oggi capire chi siamo, dobbiamo rifarci da un punto di vista genetico a quel nomade cacciatore raccoglitore che 200.000 anni fa ha dato origine a Homo sapiens e che è, biologicamente parlando, quasi lo stesso di oggi. 

Le sue abitudini alimentari e di movimento sono quelle che hanno strutturato la nostra biologia. 

Fino a qualche tempo fa medici e antropologi si dividevano tra coloro che suggerivano una pratica sportiva regolare e costante. Altri la caldeggiavano con maggiore prudenza. Oggi – dopo la pubblicazione nel Novembre 2004 su “Nature” del brillante lavoro di due eminenti studiosi americani, Dennis Bramble e Daniel Lieberman dal titolo "Running and the evolution of Homo" - è risultato con chiarezza come l’uomo sia nato per correre, e non per stare fermo. La nostra struttura scheletrica, le nostre modalità di consumo energetico, le nostre capacità di smaltire il calore prodotto, sono quelle di un efficientissimo corridore di lunga durata, e senza tali modifiche strutturali e metaboliche oggi, forse, non saremmo “uomini”.

Sapere che il nostro organismo non solo è stato progettato per correre, ma anzi ha trovato nella corsa il mezzo per distaccarsi funzionalmente dai primati affini, deve farci riflettere. Come ci sarebbe impossibile vivere al buio (essendo il nostro corpo adattato alla luce) o senza ossigeno se non perdendo la nostra salute, così dobbiamo capire che ci è impossibile vivere senza muoverci. 

La corsa fa parte di noi, della nostra storia, del nostro corpo, del nostro equilibrio psicofisico. Ignorare questo fatto può voler dire contrarre un debito permanente con la nostra salute. Il cacciatore che è in noi è solo poco allenato. 

 

Geneticamente parlando saremmo perfettamente in grado di sfiancare un cavallo o una zebra semplicemente inseguendoli. Se oggi non ne siamo più capaci non è per colpa della nostra genetica ma della nostra pigrizia.  Eppure l’insegnamento della teoria e della pratica del movimento (che va prescritto!) è virtualmente assente da qualunque facoltà di Medicina e Chirurgia nel nostro paese. Una carenza grave che impedisce ai medici di conoscere e utilizzare il valore di tale pratica. Quanto tempo ci vorrà perché qualcuno si accorga dell’errore?

 

Luca Speciani