Da bambina, dicembre era il mese invernale più bello dell’anno.

Lo vivevo come un periodo creativo: era tutta una caccia a pezzi originali da appendere all’albero, al muschio da usare per il presepio e agli oggetti più svariati da usare come addobbi. Ricordo con piacere le passeggiate con mia mamma e mio fratello alla ricerca di rametti, foglie, pigne, bacche.  Setacciavamo i boschi! Ancora oggi, infatti, i profumi di quei luoghi mi riportano al Natale. Suscitano in me un sentimento particolare.

Per me, poi, il Natale era una magia di incontri, un momento di condivisione che raccontava la storia di Gesù Bambino, la sua nascita, il suo essere un essere speciale. Era tutto un fermento: a scuola preparavamo lavoretti da regalare ai nostri genitori, all’oratorio imparavamo la recita con canti e balli e poi, finalmente, la Vigilia di Natale era il momento dove potevamo esprimere i nostri talenti. E noi non vedevamo l’ora.

Inoltre, la Vigilia, era un’occasione importante per tutto il paese. Grandi e piccini si riunivano alla messa di mezzanotte ed era proprio quello l’appuntamento in cui ci si scambiava gli auguri più sinceri, magari con una tazza di cioccolata calda leggermente agrumata. In quella sera si faceva un’eccezione: erano presenti proprio tutti, anche coloro che non si vedevano spesso e ciò non poteva che aumentare la gioia di far festa.
Le undici, le undici e mezza e poi i rintocchi! Scoccata la mezzanotte, iniziava l’attesa per aprire i regali che, solitamente, si spacchettavano la mattina seguente. Ero sempre più eccitata nel dare il mio dono perché mi piaceva osservare l’espressione degli altri. Sarà sorpresa, felice, delusa?

Poi sono cresciuta e tutto quello che vi ho raccontato finora ha perso di magia.

Per qualche anno sono caduta in una trappola di frenesia: lo studio, la programmazione del lavoro, le vacanze imminenti, la chiusura natalizia, gli ultimi regali, le cene istituzionali… Il Natale era diventato una ricerca isterica al regalo perfetto, al pranzo impeccabile e io, quegli odori di sottobosco che tanto mi piacevano, non li sentivo più. Li avevo dimenticati.

Poi mi sono fermata e ho capito.
La festa del Natale non è solo la festa di una nascita, è il momento di una rinascita.
La nostra.

In questi anni, dopo che molti aspetti della nostra vita si sono trasformati e ci hanno portato ad ascoltare le nostre necessità, sono convinta che la nostra rinascita non possa più partire da quelle consuetudini che sono diventate identificative di una ricorrenza che ormai ha perso la sua anima. Non ci bastano regali più grandi, né cene più ricche e numerose per tornare al vero significato del Natale. Per tornare a percepire quel sentimento che ci riporta all’infanzia.

È necessario guardarsi dentro e sentire quanto sia importante scambiare i nostri veri doni con gli altri. Di cosa sto parlando? Di amore, simpatia, vicinanza, comprensione, tolleranza.
Senza questo scambio a nulla vale la celebrazione di una nascita così solenne come quella di Gesù.

E io sono sempre convinta che siamo uomini con tanti doni.

Lo ripeto da quando insegno e lo ripeto ora.

Riscopriamoli e diamo la degna magia non solo al Natale ma a tutta la nostra vita.

Con amore, simpatia, vicinanza, comprensione, tolleranza.


Cristiana